Perché Young Coaching?

Lo Young Coaching nasce dalla mia esperienza

Partiamo dalla mia storia: sono stata un’adolescente infelice, rabbiosa (una massa di ormoni esplosivi), ingestibile (perdonatemi mamma e papà…), e perennemente “in sciopero”. A scuola non ho imparato quasi niente, per un semplice motivo: non studiavo. Ma proprio mai. E c’è stato pure un periodo, quasi un anno, in cui non ho frequentato. Ciononostante, in un modo o nell’altro ce l’ho fatta a completare gli studi perché ho avuto molta fortuna.

Frequentavo una scuola secondaria internazionale prestigiosissima, quella in cui non studiavo niente, e il primo colpo di fortuna è stato che  mio padre ci lavorava come dirigente. Non hanno voluto bocciarmi o espellermi (cosa che avrebbero potuto fare benissimo visto il mio atteggiamento) per non mettere in imbarazzo mio padre.

Il secondo colpo di fortuna è stato farmi seguire da una bravissima psicologa dai 17 ai 18 anni, un’esperienza molto positiva che mi ha convinta a laurearmi in Psicologia.

Sono riuscita a conseguire la mia laurea con molta difficoltà. Sono stati anni difficili e sofferti e anche se sono riuscita a giungere a traguardi importanti – dare gli esami di fine scuola, laurearmi – sono arrivata all’età adulta priva di competenze e di strumenti per navigare nell’alto mare della vita.

I problemi sono risolvibili

Lo Young Coaching nasce dal fatto che quando adesso lavoro con i giovani, lo faccio pensando a che cosa avrebbe avuto bisogno la Elena di allora. Tengo molto in considerazione anche i genitori di quella Elena. Sicuramente la mia esperienza con la psicologa mi ha aiutato moltissimo all’epoca, ma penso che più che di uno psicologo, avrei avuto bisogno di un coach. Più che di essere trattata come come una paziente da curare, avrei avuto bisogno di una persona che mi aiutasse a capire che i miei problemi erano risolvibili e che avevo un sacco di cose da imparare della vita.

La definizione di coaching dal www.coachingfederation.org è “collaborare con i clienti in un processo stimolante e creativo che li ispira a massimizzare il loro potenziale personale e professionale.”

Nel coaching si ragiona in termini di “clienti” e non di “pazienti”. Il cliente è una persona che ha problemi da risolvere, obiettivi che vuole raggiungere e/o situazioni che vuole cambiare. Il cliente vuole essere accompagnato nella risoluzione dei suoi problemi, nel raggiungimento dei suoi obiettivi e nel cambiamento di una situazione. Non è “malato”, non ha una condizione che richiede una cura.

Quindi, quando adesso lavoro con i giovani, il mio compito è di aiutarli a superare i blocchi pratici ed emotivi che gli frenano nella loro vita, aiutandoli a riconoscere questi blocchi e a sviluppare strategie per superarli da soli, a ragionare su cosa vogliono dalla vita, e a definire cosa devono fare per aver la vita che vogliono.

Cosa mi attira in particolare del coaching.

Ho scelto di dedicarmi al coaching per due motivi:

Il coaching è un approccio alla comunicazione e alla risoluzione dei problemi basato sull’ascolto e sulla relazione umana. Da risultati molto pratici, concreti e visibili. Contiene una componente di formazione per il cliente che amplia le sue competenze in termini di comunicazione con le persone che ha intorno e di risoluzione dei propri problemi. Sono convinta che se diventassimo tutti un po’ più coach, tutto funzionerebbe meglio.

L’altro motivo è che mi permette di mettere a frutto tutto quello che ho maturato durante la mia carriera variegata: le materie che ho insegnato, soprattutto le cosiddette “soft skills”, che sono le capacità che servono per gestire la vita adulta, soprattutto quella lavorativa, e le relazioni con le persone, (es. la gestione del tempo e dello stress, il parlare in pubblico, il lavorare in team, e i processi per la risoluzione dei problemi); le facoltà creative, organizzative e comunicative legate all’insegnamento e alla formazione; e, infine, le mie esperienze lavorative come manager: